Perchè Chinatown market sta cambiando il suo nome
da Luca Falovo
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Mike Cherman fonda il brand streetwear Chinatown Market nel 2016, ispirandosi alle radici della New York dove è cresciuto. Inizialmente infatti Mike aveva pensato di chiamare la linea Canal street Market, ispirandosi alla nota via di Downtown conosciuta per i venditori di merce contraffatta e per il Meltin Pot di culture. Purtroppo quel nome era già stato preso ed immediatamente la scelta è caduta su Chinatown Market spostando l'attenzione sul quartiere adiacente a Canal Street.
Da quel momento Chinatown Market è cresciuta a dismisura vendendo felpe, t-shirt e pantaloni saturi di stampe enormi come il suo logo, un gigante smiley-face. Il suo modo irriverente di presentare i prodotti in stile bancarella da strada, il prezzo di uscita conveniente e le innumerevoli collaborazioni con Grateful Dead, Lacoste, Nba e Mike Tyson, fanno di Chinatown Market uno dei brand più richiesti nella scena Streetwear internazionale al fianco di brand del calibro di Supreme ed Alife.
Le cose però cambiano nel 2021 quando Chinatown Market, più specificatamente il suo nome, si ritrovano al centro di una discussione riguardo allo streetwear, alle razze e all' appropriazione culturale. Le crescenti violenze razziali anche verso la comunità americana Asiatica mettono il nome del brand in cattiva luce. Dopo la sparatoria in Atlanta dove persero la vita sei donne asiatiche Chinatown Market crea una T-shirt per devolvere i ricavati in beneficenza ma non è sufficiente. Una petizione online si scaglia contro il brand e ne chiede il rebranding.
Nella petizione, Julian Han Bush spiega: " i quartieri Chinatown attorno al mondo sono il cuore delle comunità asiatiche, i luoghi dove per lungo tempo gli asiatici si sono sentiti al sicuro quando erano immigrati non voluti dalla società"
Accusata di appropriazione culturale e promotrice di stereotipi sbagliati Chinatown Market, alla fine di marzo 2020 decide di cambiare il nome del brand scusandosi per eventuali fraintendimenti.
La petizione dunque raggiunge il suo copo e con oltre 3000 firme obbliga Chinatown Market al rebranding.
Anche da questo si capisce l'importanza e l'influenza che hanno oggi i marchi di streetwear, evoluti da micro brand di quartiere a giganti della moda e proprio per questo obbligati ad un rispetto culturale e morale della società.
" E' facile per Cherman, lui è un bianco, naturalmente privilegiato" dice Vicki Ho fondatrice del magazine culturale asiatico Banana Mag. "E' cme se Cherman non avesse pensato bene all'impatto che il suo nome avrebbe avuto nella società, ma i brand streetwear deveno avere l'obbligo di influenzare positivamente gli altri". Al giorno d'oggi i giovani si identificano completamente nel brand che acquistano e pretendono che questi ultimi siano allineati ai bisogni politici e sociali. Patagonia, per esempio, ha fatto dell'attivismo uno dei suoi cavalli di battaglia.
Dall'altro lato è vero che oggi il moralismo e le critiche troopo facili nate dai social network oscurano spesso il lavoro che sta dietro le quinte quotidiano dei brand stessi. Chi conosce bene Cherman ha più volte difeso il suo metodo di lavoro e la sua disponibilità nei confronti di tutti i collaboratori.
Del resto ha decisio di cambiare nome al suo brand senza sbattere ciglio dopo una petizione online, tanto di cappello. A questo punto per Chinatown Market avere tutti gli occhi addosso sarà un opportunità per il rilancio oppure no?